In tasca la paura di volare, Lorenzo Foltran, Oedipus Edizioni

In tasca la paura di volare, intervista al poeta Lorenzo Foltran

In tasca la paura di volare (click) è la silloge poetica scritta da Lorenzo Foltran per Oedipus Edizioni.
Era da un po’ che non mi divertivo con qualche bella intervista, rischiavo di perdere il gusto della chiacchiera, il sapore del cibo virtuale sulla lingua.

Ringraziando ancora Lorenzo, inizierei senza indugio l’abbuffata poetica!

Antipasto
Ciao Lorenzo, grazie per esserti unito alla mia cucina letteraria!
Tu scrivi poesie, In tasca la paura di volare è la tua prima opera edita ma, a quanto ho letto, sei nell’ambiente da tanto!
Devi sapere che tremo sempre un po’ quando ho a che fare con la poesia, temo sempre di non riuscire a cogliere il senso, di leggere qualcosa in modo diverso rispetto a quanto l’autore voglia esprimere. E come me, tanti altri.
Dunque, chiedo a te: approccio critico o di pancia? 

Fino a pochi anni fa, il linguaggio poetico era diventato un vero e proprio gergo: la poesia non aveva nulla da dire ed era caratterizzata da un linguaggio sicuramente oscuro, diventato addirittura un pretesto per fingere la poeticità di un testo. Il gergo poetico era puramente e specialisticamente estetico. Il linguaggio non era più un veicolo, ma un oggetto non interpretabile e solamente ornamentale.

Tuttavia, negli ultimi anni, nella poesia italiana si è ritrovata una discorsività più aperta, una sorta di nuova consapevolezza di dovere pur dire qualcosa: vengono dette delle cose comunicabili, raccontate delle storie (come nel caso di In tasca la paura di volare). Ne consegue una tendenza alla narrazione, alla recitazione, al teatro, all’epistola, al saggio che rende più comunicativo il linguaggio poetico. Di fatto, si tratta di una teatralizzazione della poesia che sicuramente la rende più accessibile al pubblico.

Primo
Come sai, questa rubrica nasce dall’esigenza di creare un ponte con i lettori, anche per renderli consapevoli di quello che è il processo creativo. Dunque, Qual è il tuo approccio al testo poetico? 

Paul Valéry diceva: «La Musa / ci dà gratis il primo verso – Ma sta a noi / fare il secondo che rimi insieme e non sia indegno del fratello – sovrannaturale / renderlo abbastanza simile al verso che fu un dono».

Effettivamente, il processo creativo che mi porta a scrivere una poesia è molto simile. Comincio quasi tutte le mie poesie semplicemente con una frase che mi è venuta in mente. Se questa frase è giusta, ovvero se suona ed è densa di significato, saprà suggerirmi un’altra frase. In questo modo la poesia si formerà per accumulo. Ovviamente parlo di un accumulo ordinato, ragionato: i testi di In tasca la paura di volare sono scritti seguendo le regole della metrica della poesia italiana.

I versi che più utilizzo sono l’endecasillabo e il settenario, spesso usati in coppia come per dare un ritmo elegiaco ai testi.

Per quanto riguarda la genesi di In tasca la paura di volare, la silloge è l’evoluzione di altre due raccolte. Inizialmente, il piano autobiografico su cui si basavano le poesie non mi permetteva di dare un significato culturale, oltre che privato, alla mia poesia. Attraverso un lungo e accurato lavoro di rifinitura, anche su testi che ritenevo intoccabili, ho rivoluzionato la struttura della raccolta ed è nata In tasca la paura di volare.

Secondo
Ecco, a proposito di In tasca la paura di volare.
Ci parli un po’ della storia editoriale di questa raccolta? 

In tasca la paura di volare, è stata pubblicata nel 2018 da Oèdipus Edizioni, editore che non richiede alcun contributo da parte dell’autore per la pubblicazione – NO EAP. Molte delle poesie al suo interno sono comparse su riviste letterarie come “Poetarum Silva”, “Yawp”, “Locomotiv”, “Ellin Selae” e “Lahar Magazine”. Prossimamente alcuni testi della raccolta saranno pubblicati anche in traduzione francese sulla rivista “Paysages écrits”.

In tasca la paura di volare è stata presentata a ottobre 2018 alla Casa delle Letterature di Roma e un’altra presentazione è prevista per il 25 maggio 2019 al bookstore del Palazzo delle Esposizioni di Roma. Sempre a maggio (il 24), leggerò alcune poesie tratte dalla raccolta al Polisemie – Festival di poesia iper-contemporanea.

Ci tengo a sottolineare che durante le mie ricerche di una casa editrice che pubblicasse la mia raccolta ho ricevuto un’infinità di proposte di pubblicazione a pagamento che ho sempre categoricamente rifiutato. Se si deve pagare per pubblicare, meglio non pubblicare affatto.

Contorno
E qui non potrei essere più che d’accordo.
Secondo te, Lorenzo, perché in Italia la poesia è un genere a rischio? 

Come diceva Vittorio Sereni, «la situazione di un poeta giovane o nuovo non è meno drammatica di quanto lo è, rispetto alle possibilità di lavoro, quella di un neolaureato». La poesia è diventata marginale culturalmente ed editorialmente. La poesia non si vende o si vende pochissimo, non ha un mercato proprio perché nessuno può guadagnarci, non è un affare né per gli editori, né per i distributori, né per i librai ed evidentemente non lo è neppure per i poeti.

Il problema è che quasi nessuno entra in libreria di propria iniziativa per comprare un libro di poesie. Crescente, invece, è l’attenzione del pubblico nei confronti delle letture pubbliche e dei festival di poesia, anche se questi ultimi sono affollati non da lettori, ma piuttosto da ascoltatori di poesia. La poesia contemporanea è, dunque, un’arte senza pubblico.

Tuttavia, la poesia sarebbe molto più venduta se gli editori, soprattutto i maggiori, destinassero più risorse alla pubblicità dei libri di poesia invece di preferire narrativa e saggistica. Quasi sicuramente lo stesso effetto si avrebbe se i giornali pubblicassero più poesie e meno recensioni, come nella tradizione inglese.

Dolce
Ecco, immagina di poter gestire i contenuti della tua pagina di giornale. Che programma avresti in serbo per i tuoi lettori?

Difficile, in quanto poeta, organizzare un “programma” a lungo termine. Come diceva Paul Valéry, l’arte dei versi non è un’arte certa. In ogni momento possono presentarsi problemi senza uscita. Un niente fa naufragare una bella poesia, ne compromette la riuscita, ne spezza l’incanto. Il cervello dei poeti è un abisso marino in cui molti scafi riposano.

 

E se di poesia non siete ancora sazi, vi ricordo che un’altra bella discussione è stata quella con Alessandra Scarano!

 In tasca la paura di volare
intervista di #readEat a Lorenzo Foltran

 

Editor freelance, lettrice compulsiva, mangiona impenitente. Tra un refuso e una briciola recensisco libri e lavoro con gli autori accanto alle loro storie.

Rispondi