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il lavoro dell’editor per Antonio Esposito

Antonio Esposito è un editor della Polidoro Editore. Finalmente, qui su Spizzichi e bocconi arriva il punto di vista di un professionista che lavora in casa editrice e che quindi ha un altro tipo di approccio al testo e all’autore! Siete affamati?

Antipasto
Ciao Antonio, grazie per aver accettato questo invito a pranzo! Come ben sai la rubrica è dedicata ad autori e professionisti del mondo editoriale, e in questo caso tu non sei soltanto un editor ma gestisci anche la rivista Grado Zero. Ci parli un po’ del tuo percorso nel settore?

Ciao Ida! Innanzitutto grazie dell’invito. È un piacere. Il mio percorso nell’editoria è cominciato alla fine della triennale in lettere moderne, quando mi sono avvicinato alla Polidoro. Inizialmente mi occupavo soltanto di schede di valutazione e correzione bozze. Dopo la magistrale, poi, ho partecipato al corso di formazione per redattori della Giulio Perrone editore a Roma. Adesso sono a Napoli, in pianta stabile alla Polidoro, mi occupo della collana di classici e sono editor di narrativa.

Primo
Quello dell’editor è un lavoro delicato, mi dicono. Per te cosa vuol dire? Qual è il tuo approccio al testo e agli autori?

Le complicazioni dell’editor derivano tutte dal lavoro di mediazione. Lavorare su un testo significa saper trovare il giusto equilibrio tra le complessità dello scritto (tutti quegli elementi che contribuiscono a tener su una storia) e la personalità dello scrittore. Perché da un lato si deve contribuire a metter su un meccanismo che funzioni in tutte le sue parti (la storia), dall’altro bisogna tener conto delle esigenze dell’autore, del percorso che ha fatto per arrivare a quel determinato risultato, di ciò che vuole comunicare e di mille altri aspetti che di volta in volta vengono fuori.

Di fatto quello dell’editor è un lavoro mai uguale. I testi non si somigliano e non ci sono regole precise per approcciare al testo o relazionarsi all’autore. Io comincio leggendo il testo e appuntando riflessioni. Il resto viene da sé, ogni volta in maniera diversa.

Secondo
Senti, una cosa che spesso incuriosisce lettori ma anche autori che inviano i loro romanzi, è il temutissimo comitato di lettura. Ci spieghi un po’ come si svolge una riunione di redazione? Tu con quali criteri sceglieresti un testo?

Non c’è nulla da temere. I comitati di lettura hanno il compito di individuare testi capaci di valorizzare e ampliare le collane della casa editrice. In tal senso viene da sé che inviare un romanzo a chi pubblica racconti è una scelta sbagliata. O proporre una raccolta di poesie a chi si occupa di narrativa. Gli autori, prima ancora di scrivere a un editore, devono individuarne il piano editoriale e proporsi solo se adatti a quel progetto culturale.

Un esempio: alla Polidoro, nella collana principale di narrativa (Perkins), ci occupiamo di contemporanea e quindi un romanzo storico, anche se buono, non lo prendiamo. È una questione di identità. Ed è secondo questo criterio che procediamo nella selezione. Personalmente, do molta importanza allo stile, soprattutto per gli autori esordienti. Ho imparato che se ho di fronte una penna consapevole – capace di ragionare sul proprio linguaggio, di definire un impianto retorico, di caratterizzare i personaggi, ecc. – la storia può emergere anche laddove si presentano delle iniziali ingenuità. In caso contrario, invece, mi risulta impossibile tirare fuori un buon libro da chi scrive senza problematizzare e razionalizzare il proprio percorso creativo.

Contorno
E a proposito di stile. Ti abbiamo conosciuto in veste di editor, poco in quella di scrittore. Come definiresti il tuo stile? Cosa ti piace scrivere?

Non è facile conoscermi come scrittore. C’è poco di mio in giro: qualche racconto in rivista e uno, in uscita, in un volume antologico dal titolo Illusioni, edito da D editore e nato da un contest indetto dalla rivista ‘Reader for blind’. Sono agli esordi, come vedi, e credo di dover ancora lasciar maturare la mia scrittura. Posso dirti però che ciò che mi piace scrivere è il riflesso delle mie letture, che si orientano per lo più verso gli autori italiani del Novecento e gli autori nordamericani contemporanei, con qualche fuga in Sudamerica.

Una forte impronta tematica mi è stata poi data dagli studi. Negli anni dell’università ho approfondito tanto il Verismo e il Realismo, con tutte le derive che queste correnti hanno avuto poi nel tempo, e credo che questa cosa mi sia rimasta, nelle letture e nella scrittura. Mi piace immaginare i miei personaggi immersi nella quotidianità, osservarli con attenzione e capire se si portano dentro una frattura, e quindi una storia.

Il resto: le grandi imprese, le figure mastodontiche o gli eventi memorabili che si imprimono nell’immaginazione di chi legge mi interessano poco. Io guardo alle storie come i personaggi de I Malavoglia di Verga guardavano alla guerra, dal basso, senza armi e grossi schieramenti, semplicemente un gruppo di uomini da una parte e dall’altra che fanno a cazzotti. È questo tipo di storie che cerco.

Dolce
Recentemente, un articolo di Ventavoli ha fatto il giro del web. Si chiede agli edtori di produrre meno.
Provocazione o richiesta di soccorso?
Se conti che in Italia si pubblicano circa settantamila titoli l’anno, credi che ci sia bisogno di essere più selettivi?

Sinceramente non so darti una risposta precisa a questa domanda. L’articolo mi è sembrato provocatorio e sterile. I dati sono quelli e un problema di sovrapproduzione c’è. Ma le risposte possibili sono complesse, talvolta polemiche, e di certo non riguardano le difficoltà del giornalista culturale nel dover recensire tutto ciò che arriva sulla scrivania. I giornali hanno una loro linea editoriale, proprio come le case editrici, a loro potrebbe bastare rinunciare alle copie staffetta e restare fedeli alla propria identità.

 

Grazie, Antonio, per questa bella chiacchierata.
Si produce davvero troppo? C’è un problema di sovrapproduzione?
Abbiamo parlato di questo anche in un’altra intervista, se ben ricordate: quella a Chiara Beretta Mazzotta!

 

Intervista di #readEat all’editor Antonio Esposito

Editor freelance, lettrice compulsiva, mangiona impenitente. Tra un refuso e una briciola recensisco libri e lavoro con gli autori accanto alle loro storie.

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