Matrimonio Siriano - Laura Tangherlini - Infinito Edizioni

il matrimonio siriano di Laura Tangherilini

Matrimonio siriano (click) è una buona scusa per tirare fuori l’abito della festa dall’armadio. D’altro canto, quali pranzi migliori se non quelli di nozze?
Laura Tangherlini, giornalista di RaiNews24, è riuscita a dare un tocco più umanitario al suo matrimonio, rendendolo indimenticabile punto cardine di un progetto molto più grande! Vediamo come, ma prima dell’intervista, un assaggio!

click!

Antipasto
Ciao Laura, benvenuta su Spizzichi e bocconi.
Ho avuto modo di leggere di Matrimonio siriano, edito da Infinito Edizioni, e del progetto più che nobile mandato avanti da te: la rinuncia al diritto d’autore.
Come mai questa scelta?

Intanto ti dico subito che sto cercando di destinare a progetti per i siriani, veicolati in primis attraverso Terre des Hommes e altri magari legati all’orfanotrofio al confine turco-siriano dove siamo andati a portare tutti i nostri regali di nozze, anche qualcosina di più del diritto d’autore concessomi dall’editore. Mi sembrava naturale che lo sforzo già fatto in fase di organizzazione del mio matrimonio per aiutare queste persone non si fermasse una volta esaurito questo viaggio di nozze atipico.

Negli anni ho dedicato diverse opere letterarie e giornalistiche al dramma siriano. Volevo che l’opera di sensibilizzazione e soprattutto di aiuto concreto potesse continuare. La strada è stata quella di devolvere completamente anche i miei diritti d’autore derivanti dalla vendita di Matrimonio siriano, libro e dvd. La scia di amore e di aiuto non poteva interrompersi bruscamente!

Questo è un progetto che parte da lontano, dal primo contatto con la Siria nel 2009 e dal mio primo libro sul tema, nel 2012. Voglio che arrivi lontano nel tempo e nello spazio, almeno finché questa barbarie non sarà finita e finché ce ne sarà bisogno, il che purtroppo temo significhi ben oltre la fine di una guerra che ha distrutto un Paese e segnato per sempre un popolo.

Primo
Hai detto che hai vissuto a Damasco.
Parli un po’ di questa esperienza? Cosa ti ha lasciato?

Era il 2009, sono rimasta lì da luglio a settembre.
Sono stati tre mesi bellissimi, non soltanto a Damasco ma anche in giro per il Paese: Aleppo, Homs, Hama, Palmira, il monastero di Mar Musa dove ho trascorso due notti e conosciuto padre Paolo Dall’Oglio, altre località che erano caravanserragli sperduti in mezzo al nulla di cui ora non ricordo più i nomi.

Nei pressi di uno di questi antichi caravanserragli – mi muovevo sempre con i mezzi pubblici e i louage – una famiglia mi caricò in auto, ospitandomi poi in casa per consumare il pranzo nel modo più tradizionale possibile, a terra e mangiando tutti con le mani dallo stesso piatto. In Siria ho visitato posti bellissimi e incontrato persone ovunque semplici, dignitose, curiose, spesso molto colte e meravigliosamente ospitali. Durante uno di questi weekend andai anche in Libano al solo scopo di vedere i campi palestinesi di Sabra e Chatila. La questione palestinese mi ha sempre indignata, ed è stata all’origine della mia scelta di diventare una giornalista quando ancora andavo alle elementari.

Salim, il mio professore di arabo a Damasco, era di Yarmouk, il campo profughi palestinese alle porte della città. Andando a casa sua mi sono resa conto che i campi palestinesi in Siria sono molto diversi da quelli in Libano: sono dei quartieri perfettamente integrati con il resto della città, tanto che ci mesi più di mezz’ora a capire che vi ero già entrata. Non riesco a non provare un dolore enorme quando ripenso a Yarmouk ora, alle immagini e alle storie del lungo assedio che ha svuotato il campo e seriamente danneggiato gli edifici.

Ricordo che tutti mi dicevano di non dire che ero una giornalista, di non parlare di politica e di stare attenta alle spie. Ricordo che nessuno parlava di politica. Ricordo che le coppie per potersi scambiare le minime tenerezze in pubblico (anche solo tenersi per mano) andavano sul monte Qasiuom, da cui si poteva ammirare tutta Damasco. Ci andavo anche io, spesso, guardavo il panorama insieme agli amici. Ricordo un clima di paura e di non detto che si respirava dovunque anche se a me, in quanto occidentale, tutto sembrava bello e sicuro.

Ricordo l’ultimo viaggio verso l’aeroporto per tornare in Italia. Ci fermarono degli uomini in divisa, fecero scendere dall’auto il mio amico che stava guidando e lo portarono dietro ad alcuni anfratti per qualche lunghissimo minuto. Io in quell’occasione feci finta di non parlare arabo per non peggiorare la situazione. Temevo per lui e per noi, perché avevano minacciato di portarci in prigione. Alla fine lui tornò e mi accompagnò in aeroporto. Solo dopo che ero atterrata a Roma mi confidò di aver dovuto pagare una mazzetta pari ad uno stipendio e di aver perso il lavoro l’indomani.

Secondo
La tua esperienza sembra un romanzo, invece è vera e riporta a climi che la nostra nazione e l’Europa sembrano aver dimenticato.
Tu sei una giornalista, la situazione Siriana sta degenerando giorno dopo giorno, ma a noi arrivano gli estremi disastrosi, piuttosto che le guerriglie continue, contro coscienza e contro la repressione dell’umano.
Matrimonio siriano è testimonianza di tutto ciò, una voce che vuole svegliare, un Occidente sempre impegnato in qualcosa di più importante da fare. Come cerchi di sensibilizzare le persone a questo tema?

Quello che mi interessa fin dal primo libro a Matrimonio siriano, è sensibilizzare e far capire la gravità e la drammaticità umanitaria della questione siriana. Siamo ancora lontani dalla piena consapevolezza che in Siria si sta consumando una tragedia enorme, che meriterebbe interi capitoli nei libri di storia. Un argomento da studiare, per quello che riguarda il diritto umanitario e internazionale, le relazioni internazionali, la geopolitica…

Cerco di far capire che dietro ai numeri, già di per sé abnormi, ci sono singole vite e singole storie. Cerco di far capire, e di mostrare col mio piccolo esempio che abbiamo il dovere di tenerci informati, di cercare di andare oltre la propaganda, di ascoltare i siriani quando hanno la possibilità di raccontarci la loro vita in questi anni e negli anni precedenti il 2011.

In Matrimonio siriano di far capire che abbiamo il dovere di indignarci e la possibilità, ognuno di noi, di fare qualcosa. Certo, le agende dei politici difficilmente ci ascolteranno e anzi sicuramente ci ignoreranno del tutto, ma queste persone meritano i nostri tentativi. Io ho destinato personalmente i miei regali di nozze a quegli orfani, donandoli con le mie mani a quei bambini; con questo non voglio dire che tutti dovrebbero prendere l’aereo o sposarsi organizzando le proprie nozze in chiave solidale, ma che chiunque può fare qualcosa di concreto. Il primo passo resta comunque la non indifferenza e la predisposizione ad accogliere chi arriva qui.

Contorno
Qui di seguito posterò anche un reportage che parla di Matrimonio siriano, e dello spazio particolare che tu e tuo marito avete dedicato alla musica.
Che mi puoi dire a riguardo?

La musica ha un ruolo ovviamente importante in questo progetto. La colonna sonora del documentario è composta da quattro brani, due dei quali scritti a quattro mani e cantati a due voci da me e da Marco. Fanno da filo conduttore, nel tempo e nello spazio.

Sono brani che abbiamo cantato al nostro matrimonio ‘vero’ in Umbria e ricantato sia con i bambini orfani in Turchia, al confine siriano, durante le nostre consegne di aiuti e i ricevimenti di nozze offerti insieme ai nostri regali matrimoniali, sia durante il viaggio in cui abbiamo conosciuto Momen, il piccolo orfano siriano da noi sostenuto a distanza in Libano, nel campo palestinese di Burj el Chemali.

Sono canzoni che raccontano le fasi del nostro amore, ma si fanno anche concetto universale perché proprio l’amore è la chiave di tutto il nostro progetto.

Dolce
Ultima domanda, in punta di cucchiaio come il dessert!
La Siria è un posto magico, dove la brutalità e il silenzio imposto sono capaci di convivere anche con momenti molto belli e teneri. Puoi raccontarcene un paio? Sono presenti anche in Matrimonio siriano?

Del mio periodo in Siria ho innumerevoli bei ricordi. Ricordo con piacere anche le tante ore di studio, motivo per cui ci ero andata. Sei ore al giorno di arabo classico e due volte a settimana il dialetto siriano. Avevo affittato una stanza a Bab Touma, nel quartiere cristiano in casa di una famiglia locale.

Alla scadenza dei tre mesi rientrai in a Roma a malincuore. Ricordo il fornaio sotto casa che aveva un cagnolino bianco, l’unico che vidi in quei tre mesi in Siria. Ricordo il souk dove andavo a fare acquisti. Tutti rimanevano affascinati dalla mia abilità nel contrattare: una volta quasi sequestrai un commerciante nel suo negozio finché non mi diede i due abiti tradizionali che volevo comprare al prezzo che io avevo deciso. Ne uscì dopo due ore, sudato e spossato, ma allo stesso tempo sorridente!

Mi ero costruita un gruppo ristretto di amici, con cui sono tuttora in contatto via social. Un altro italiano, una francese e soprattutto i miei amici siriani che ora sono scappati dalla Siria: il mio giovane professore ora dottorando a Oxford; un ingegnere informatico, che all’inizio delle proteste fu portato in carcere e torturato poiché sospettato di essere una spia. Una volta liberato grazie a delle tangenti vive felicemente negli Stati Uniti.

Un altro, scappato a piedi in Turchia, ora è in Olanda, e nel giorno del mio matrimonio mi ha chiamato per gli auguri. Un pomeriggio per dimostrarmi tutto il suo affetto, questa persona mi organizzò una sorpresa: si fece prestare un’auto, venne a prendermi e sfidò il buoncostume tenendomi a braccetto mentre passeggiavamo per il centro di Damasco. E ricordo con quanta ammirazione guardava questa giornalista, donna e occidentale, che parlava arabo e si preoccupava per i palestinesi. Era palestinese anche lui.

Ricordo che avevo un ristorante preferito, iracheno, nel quartiere di Jeramana. Ricordo tante cose. Ma spero che il ricordo più dolce debba ancora venire: il mio sogno è tornare in una Siria pacificata assieme a questi miei amici.

 

digestivo
…che dopo il matrimoni, in genere è abbondante!
Dunque, ringrazio fortemente Laura per le sue parole e per il suo impegno quotidiano. Le auguro di portare a compimento tante iniziative splendide, e auguro a voi lettori di interessarvi e appassionarvi a questo tema.

Altri giornalisti che scrivono libri? Ci sono, in dispensa?
Sì, c’è Enrico Fierro e il suo La genovese.

 

Editor freelance, lettrice compulsiva, mangiona impenitente. Tra un refuso e una briciola recensisco libri e lavoro con gli autori accanto alle loro storie.

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