Anche la morte ascolta il jazz - Valeria Biuso - Ianieri Edizioni

con Valeria Biuso anche la morte ascolta il jazz

Cari ospiti, oggi a tavola nella cucina letteraria di #readEat c’è Valeria Biuso, autrice di Anche la morte ascolta il jazz (link!), un libro che ci riporta nell’America degli anni Quaranta, dove c’è tanto da ricostruire e i giovani stagnano nel desiderio di cambiare il mondo!
Immaginando quindi una fumosa sala e la musica a dettare il ritmo della cena, tra una portata e uno swing preparo letterariamente lo stomaco.

Buon appetito!

Antipasto
Ciao Valeria! Sto sfogliando Anche la morte ascolta il jazz, il tuo libro pubblicato da Ianieri Edizioni. Quel che mi ha subito incuriosito è il mix di elementi su cui hai fatto leva! Ci parli quindi un po’ del tuo libro? Quali sono i suoi punti forti?

Ciao Ida! Tra i diversi elementi tirati in ballo in Anche la morte ascolta il jazz, a fare da perno è il motivo storico, attorno al quale ruotano gli altri nuclei tematici. Ho scelto di porre il focus principale sull’ambientazione, approfondendone i dettagli nell’ottica di ottenere un livello di verosimiglianza plausibile tramite lo studio di saggi, resoconti, cronache e riviste d’epoca.
Ci troviamo infatti a New York, alla fine anni Quaranta. Periodo in bilico tra ristagno e trasvalutazione dei valori occidentali, ricco di contraddizioni sociali interne che si riflettono in maniera differente su ognuno dei personaggi.

Il protagonista, William Brooks, tabagista incallito e assiduo bevitore di whiskey, è un giornalista del “Partisan Review”, votato all’inettitudine e con la strana abitudine di dare un titolo a persone e occasioni particolari. Ha un romanzo in lavorazione da anni, ma non riesce a completarlo. Cerca così di trovare, in ogni manifestazione sensibile, l’ispirazione necessaria, incoraggiato da Noah Tats, un uomo azzimato e misterioso, che gli promette risposte e verità.

Will è quello che Mailer avrebbe definito un “hipster” e, prima che mi lanci un’occhiata di disgusto virtuale, preciso che non si tratta di quello che se ne sta parcheggiato da Starbucks con Mac e risvoltino. L’hipster dell’epoca era semplicemente il ragazzo bianco che voleva comportarsi alla maniera dei neri, ascoltando le jam session bebop e partecipando alla vita underground notturna. Ed è quello che fa il nostro William, circondandosi di amici perdigiorno, spacciatori e cricche di pseudo-buddisti e di intellettuali libertini.

Troppa carne sul fuoco?

Primo
Bé, non so se è parecchia ma sicuramente la carne ha un buon profumo! Parlando invece di risvoltini… erano di moda negli anni Quaranta come adesso, no? Mi chiedo se, trattandosi di un periodo fortemente contraddittorio di crisi forte, anche generazionale, con Anche la morte ascolta il jazz tu non voglia mostrare come in uno specchio quella che è anche la situazione attuale, dove vediamo nuove generazioni in crisi mistica e valori in pieno cambiamento. La storia si ripete?

Cavolo, ecco, avrei dovuto aggiungere di essere vegetariana, facciamo che griglio peperoni e zucchine! Battute a parte, sì, ho cercato di suggerire uno spunto per riflettere su un parallelismo tra la controcultura giovanile di allora e quella contemporanea.

La storia si ripete, assolutamente. Cambiano le voci, i modi e i mezzi di espressione, ma quell’incertezza macchiata di apatia fa senz’altro parte di un paradigma tuttora attualissimo. In quel preciso periodo storico c’era un paradosso di fondo nella struttura sociale: i giovani bramavano il cambiamento, ma non sapevano come metterlo in atto.

La situazione contemporanea sembra proprio emulare quella cecità di esecuzione: tante idee e poco pragmatismo. Una speranza c’è: all’epoca, quei germi si rivelarono essere assai fertili, fiorendo poi con la rivolta esplosa negli anni Sessanta. Chissà se anche adesso non possa accadere altrettanto!

Secondo
Si spera! Bisognerebbe leggere più libri, però! (segue occhiolino furbo che però, non so fare). In questo crogiolo di apatia e incertezza, c’è però una figura che tutto vede e tutto sa, ovvero la Morte. Che ruolo ha nella vicenda e come mai inserirla in questo contesto specifico?

Da lettrice mi ha sempre affascinato l’occulto, il grottesco, l’esplorazione delle reti simboliche e misteriose che avvolgono la figura della Morte. Nel romanzo, Thanatos sprona il protagonista, ponendogli di fronte nuove possibilità cognitive e poietiche dal sapore metafisico. Ho quindi voluto giocare, con un pizzico di sarcasmo e nichilismo, sul triste binomio che spesso lega la morte al riconoscimento artistico. In un contesto dove i fantasmi dell’inazione infestano ogni tipo di velleità, s’insinua l’estetica dell’assurdo, che vede la Morte in persona farsi carico del duplice ruolo di maestro e Musa.

Contorno
Per parlare di fama postuma, però, bisognerebbe che William finisse il suo libro…! Ci riuscirà?
Se la crisi di William in Anche la morte ascolta il jazz è un po’ anche riflesso della nostra, giovani non più giovani e un po’ disagiati a causa del contesto, qual è la tua ricetta per superare questo muro?

Innanzitutto, direi che bisognerebbe ristabilire il valore della lettura e della cultura in sé, imparare a non farne un peso morto reintroducendola nel quotidiano. Quanto al resto, secondo la mia esperienza, ho notato che nel “mondo artistico” – passami il termine! – odierno in molti preferiscono l’isola alla condivisione e difficilmente si creano dei legami che non siano di natura opportunistica.

Certo, per fortuna ci sono le eccezioni, ma vige un egocentrismo di fondo che lascia poco spazio al vero confronto. Per me i movimenti letterari rappresentano una delle componenti più intriganti della letteratura: l’idea di un immaginario transitorio e collettivo che migra, si scontra, muta e si reinventa, fatto di antipatie, simpatie e rivalità, ma tenuto insieme da un spirito sociale comune.

Una cosa simile adesso sembrerebbe utopia! Forse non c’è davvero più spazio per la letteratura o siamo noi a non volerglielo concedere. Quanto a William e al suo romanzo, chissà…

Dolce
Oh bé, si sa, gli artisti possono essere un po’ narcisi alcune volte, anche se per esempio, la mia esperienza è fatta prevalentemente di condivisione, ecco!
Ciò con cui concordo pienamente, però, è che bisogna dare nuovo valore alla cultura, e alla lettura in particolare. Tu avresti idea di come fare? Un progetto?

Purtroppo, come Will, anch’io scarseggio di pragmatismo e a parlare di progetti concreti non saprei dove iniziare! Metto in campo la sensibilità, da riscoprire e coltivare in maniera naturale: niente imposizioni. Mia madre, lettrice forte, cercò, quand’ero bambina, di avvicinarmi alla lettura con pile di libri. Tuttavia, un po’ perché sono sempre stata insofferente verso gli obblighi, un po’ perché Piccoli Brividi lo preferivo in tv, non riuscì nel suo intento e anzi, produsse un effetto contrario.

Ho poi cominciato a leggere in adolescenza, incuriosita dagli argomenti scolastici. Era scattata la scintilla! Credo sia questo il stimolo necessario a ridare alla cultura uno spazio d’elezione: innamorarsi. Di cosa? Dei colori di un dipinto, dei sussurri di una poesia, dello sguardo di una statua o dei virtuosismi di una sinfonia. Un’altra chiave di volta potrebbe essere l’interdisciplinarità: insegnare anche sui banchi di scuola come ogni produzione d’uomo sia legata l’una all’altra in un universo di richiami sottili. Una rete di echi che risuonano ininterrotti nel nostro presente, anche se spesso siamo noi a non accorgercene.

 

Cara Valeria, grazie per la cena!
Trovo sempre interessante conoscere il punto di vista degli autori quando si tratta di dare un occhio a quello che ci ruota intorno, specialmente quando si tratta di cercare lettori nuovi, avvicinare le persone a questo mondo bellissimo fatto di libri e di confronto.

E voi? Vi sentite incuriositi? Avete voglia di leggere Anche la morte ascolta il jazz?

 

 

Editor freelance, lettrice compulsiva, mangiona impenitente. Tra un refuso e una briciola recensisco libri e lavoro con gli autori accanto alle loro storie.

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