cenerentola

Cenerentola letta da Alessandra Rapetti

Cenerentola appartiene a un mondo di favole. Vecchie storie, messaggi del presente. Per rimanere in tema #readEat, la nuova rubrica potrebbe chiamarsi Bocconcini di narrativa?
Non lo sceglierò io ma Alessandra Rapetti, che curerà la sezione e che oggi ci parla di favole.

Io mi metto zitta zitta, guardo da lontano. 

Cenerentola
Avrete notato che ci sono favole definite, senza tempo. Quelle favole, nonostante abbiano alcune centinaia di anni, sono sempre aderenti al presente. Questo perché hanno al loro interno degli elementi universali, temi narrativi che appartengono ogni cultura e dalla valenza etica, filosofica e psicologica.

Questi Temi sono: amore, valore, libertà, potere, verità e giustizia.
Prometto, prossimamente, di fare alcuni post dedicati a queste tematiche davvero molto importanti per la nostra vita.

Cenerentola è una favola davvero molto datata, alcuni la fanno risalire all’antico Egitto, altri ci vedono influenze arrivate dalla Cina, in primis l’importanza di avere piedi piccoli. È stata trascritta con varianti da molti autori, tra i quali Charles Perrault e i fratelli Grimm.

Da un punto di vista psicologico e di metafora, Cenerentola rispecchia una transizione, un rito di passaggio, con molti elementi comuni ad altre fiabe. Il primo, importante, è la perdita prima della madre e poi del padre in favore di una perfida matrigna e due sorellastre. Ne emerge la  quasi totale assenza di una figura maschile, se non alla fine, nella figura del principe, elemento salvifico, obiettivo e completamento.

Questo perché, principalmente, la storia gioca sul rapporto tra fratelli. I bambini provano un amore incondizionato nei confronti della mamma e, nel loro immaginario, non possono prendersela con lei, altrimenti si sentirebbero terribilmente colpevoli e cattivi. Però, se nel loro immaginario trasformano la mamma in una matrigna cattiva, possono autorizzare il risentimento.

E quand’è che mamma può diventare cattiva?
Ad esempio, quando dà più attenzioni agli altri fratelli, secondo la percezione personale del bambino. In quel caso, il piccolo si sente ingiustamente mortificato, gettato nella cenere a fare da sguattero, e prova desideri di rivalsa. Leggere la favola di Cenerentola dà al bambino, attraverso l’immedesimazione, l’autorizzazione a provare quei sentimenti negativi che normalmente gli sono vietati e di sentirsi, in qualche modo, riscattato.

Un altro elemento, è il rito di passaggio.
Lo si vede in parecchie favole, è il passaggio tra l’età infantile e l’età adulta. In questo periodo ,difficile in tutte le culture, i genitori diventano nemici. Nella favola, i genitori percepiti buoni muoiono e vengono sostituiti da esseri che vogliono fare del male, come in questo caso la matrigna. Tuttavia, a bilanciare l’equilibrio, ecco anche il genitore buono diviene risorsa, la fata madrina, che facilita il passaggio.

La metafora non finisce qui, c’è un altro modo di leggere la favola di Cenerentola.
Come ho detto nel primo post di #metaforamente, le metafore camuffano concetti difficili da capire o da accettare per arrivare direttamente alla nostra parte più profonda senza resistenza da parte della nostra ragione.

Nella favola di Cenerentola passa un concetto molto semplice: nella vita incontrerai difficoltà, ma hai in ten i talenti e la capacità/possibilità di chiedere aiuto quando ti serve. In questo modo potrai raggiungere tutti i traguardi che ti prefiggi.

Non a caso, la bella Cenerella, dai piccoli piedi, con l’aiuto della fata madrina ha sconfitto matrigna e sorellastre, e ha sposato il bel principe.

Ci sarebbero molte altre osservazioni da fare, ma credo di avervi annoiato già abbastanza così.

Ora la palla passa a voi, cosa me pensate? Avete mai visto la favola di Cenerentola da questo punto di vista?

Cenerentola, lettura di Alessandra Rapetti per #readEat

Editor freelance, lettrice compulsiva, mangiona impenitente. Tra un refuso e una briciola recensisco libri e lavoro con gli autori accanto alle loro storie.

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