Fidanzati dell’inverno (click) è uno di quei libri che, a una prima occhiata, dovrebbe leggersi davanti a una tazza di tè. Un po’ per il titolo e il colore freddo della copertina, un po’ per quello che si pensa sia il tema: due fidanzati. Fantasticando prima di leggerlo, si potrebbe già pensare a una contrastatissima storia d’amore lunga quanto una stagione.
Eppure no, non è questo il caso. Questo piccolo gioiellino del fantasy, che apre a Christelle Dabos ed Edizioni E/O la porta di un mondo burrascoso e leggermente incompreso, non potrebbe sembrare più diverso. Fidanzati dell’inverno è una storia che si legge a più livelli e di complessità nascosta, quella complessità che si scopre con piacere soltanto andando oltre le apparenze. Ma andiamo con ordine.
In un mondo smembrato e diviso in Arche, Ofelia è una giovane donna restia al matrimonio. Goffa per apprezzabilissima ragione, senza stile, concentrata su quella che è l’abilità che la nobilita nel lavoro: leggere le emozioni delle persone attraverso gli oggetti toccati da queste; non solo: Ofelia è anche capace di attraversare gli specchi, e per un motivo ben particolare. Com’è giusto – altrimenti non ci sarebbe storia – alla giovane viene imposto il matrimonio con il Drago Thorn, intendente delle finanze in un’Arca chiamata il Polo.
No, frenate i cavalli.
Thorn è restio quanto la giovane all’idea di doversi sposare, tuttavia la decisione è irrevocabile, da qui il viaggio della nostra protagonista alla volta dell’Arca patria del futuro marito. E se anche qui sembra che la storia possa sfociare nella deriva romantica di un amore che cresce pian piano, no, non è questo il caso.
Al Polo Ofelia si troverà al centro di numerosi complotti e scoprirà che la sua presenza lì non è affatto casuale ma rientra in un piano ben preciso.
Di recensioni in cui di Fidanzati dell’inverno viene apprezzata l’atmosfera è pieno il web e non ripeterò complimenti piuttosto scontati. Ciò che davvero si fa, in questa cucina, è vivere i libri e gustarli in modo tale da poter assaporare tutti gli ingredienti che lo compongono.
Fidanzati dell’inverno mi ha colpito per come riesce a evocare nel lettore elementi di varia natura per assonanza o per contrasto, a iniziare dall’onomastica.
Ofelia porta il nome della più sfortunata promessa di Amleto, ma quella che ritroviamo in Fidanzati dell’inverno è una ragazza che acquisisce sempre più coscienza di sé. A differenza della sua omonima, che soccombe perché vittima di un intrigo di corte più grande di lei, Ofelia scopre la propria forza proprio perché riesce a restare se stessa all’interno di una società dove l’apparenza non è semplicemente di forma, ma anche di fatto, un’illusione che non tollera l’occhio veritiero.
Ciò che si apprezza di questa protagonista è la freschezza: la sua non è una forza innata che ingenuamente non sapeva di avere. Ofelia è impara a conoscersi attraverso la relazione con il prossimo, e la sua capacità di attraversare gli specchi è semplicemente la conferma di una perpetua fedeltà a se stessa, che nonostante l’ambiente ostile riesce a definirsi rispetto a persone diverse da lei, senza farsi corrompere.
Se cercassimo un nuovo modo di rileggere la tragedia shakespeariana, il quadro di Ofelia in procinto di annegare potrebbe essere visto, al contrario, come quello in cui l’Ofelia di Fidanzati dell’inverno sta uscendo intera da uno specchio.
E Thorn?
Lui non potrebbe rappresentare meglio il nome che porta, angoloso e pungente come le spine ma anche come il freddo che anima il Polo. Thorn è indubbiamente un personaggio difficile da decifrare, e sono sicura che per molti scoprire cosa si cela dietro le sue azioni sarà motivo principale per l’acquisto del secondo volume de ‘L’attraversaspecchi’.
C’è chi paragona questo personaggio di Fidanzati dell’inverno al tenebroso Heathcliff di Cime tempestose, eppure non mi sento troppo concorde. Se di Heathcliff abbiamo amato il suo essere antieroe, Thorn rimane un mistero fino alla fine, risolutivo ed estremamente non trasparente nei suoi intenti. Insomma, per ora sicuramente si è dimostrato un personaggio le cui intenzioni sono vive negli occhi dei lettori.
L’ambientazione di Fidanzati dell’inverno, poi, richiama alla mente echi che gli affezionati di Vampire The Masquerade potranno apprezzare. Dal riferimento agli animisti al potere d’illusione dei selvatici Ravnos, fino ai giochi di potere in seno a una complicatissima Camarilla, la corte.
Insomma, il primo volume della saga ‘L’Attraversaspecchi” ricorda proprio quel corridoio famoso, nei parchi giochi, dove la figura umana si deforma all’interno delle più disparate pareti riflettenti. Si sceglie se perdersi in un riflesso che ci mostra migliori, o cercare di esserlo.
Un piatto ricco, vero?
Nella cucina letteraria di #readEat questo libro è diventato protagonista nella serata dedicata alle piadine. Ne ho preparate di due tipi diversi, in parte perché la dieta mi richiama a portate più leggere e in parte perché una sola variante non avrebbe reso la complessità di Fidanzati dell’inverno.
Le piadine, infatti, sono un po’ come Ofelia e Thorn. La piadina Ofelia, se così la vogliamo chiamare, è sicuramente più sana. C’è infatti il tocco fresco della salsa tzatziki fatta in casa, la burrosità dell’avocado e il tonno, il tutto avvolto dal carboidrato che, come la nostra protagonista, è integrale.
Integrale, per i meno appassionati di cucina, non significa povero, ‘che fa dimagrire’. Da definizione vuol dire che non manca di nessuno dei propri elementi costitutivi, è intero. Giusto per sottolineare il concetto, integrale vuol dire ‘fedele a se stesso’.
La piadina Thorn invece ha poco della freschezza della sua compagna. La fontina si fonde con il prosciutto cotto e con delle ben angolate zucchine tagliate a bastoncini, cotte in umido e insaporite con un tocco caratteriale di curry. Non c’è mitezza, qui, ma un gusto deciso raccolto da un impasto raffinato. Sempre per i meno amanti dei fornelli, ricordo che ‘raffinato’ non sottintende chic, ma – come il nostro personaggio – non integrale.
A questa piadina manca qualcosa, perché l’assenza di una salsa che ammorbidisca il boccone lo rende decisamente difficile da mandare giù, per quanto gradito.
Dunque, ho concepito questo piatto come incompleto. Serve un accompagnamento per queste piadine, no?
Gli elementi che mancano, sono sicura che li troverò nel seguito de Fidanzati dell’inverno.
le piadine e l’avocado
a Bologna, spostandomi sempre tra Rimini e Ravenna all’accenno di primo sole, ho imparato ad apprezzare le piadine. Che ci crediate o no, i miei commensali hanno accolto con uno slancio curioso questo mio revival del centro-nord. E per l’idea dell’avocado è opportuno ringraziare Lucia e Gabriele, che ogni volta mi fanno sperimentare nuove frontiere del gusto – spesso, nuove soltanto per me.