La misura eroica, Andrea Marcolongo, Mondadori

la misura eroica e la quadratura perfetta

La misura eroica (click), l’altra sera, ha trovato il suo spazio a Matera, sul divano di mia sorella, con Sweet November in sottofondo e le mie nipoti che giocavano a impersonare Iron Man.
A volte il destino ci offre la possibilità di far rientrare gli schizzi della nostra vita in un unico disegno denso di significato. Oppure siamo anche noi, a volte, a dare significato a quegli schizzi in un dato momento della nostra vita. Ad ogni modo, che sia un messaggio da parte dell’universo o del cuore, ciò che conta è quanto si riesce a leggere, no?
E insomma: in questo quadro, il libro Mondadori di Andrea Marcolongo, era perfetto.

Mi concedo una breve parentesi sulla scena domestica così, subito, perché è qualcosa che tornerà utile poi.
Sweet November è un film del 2001, remake di Dolce novembre, del 1968. Parla di un agente pubblicitario che rivoluziona la sua vita aprendosi all’amore di una ragazza un po’ hippie, apprendendo così il potere che deriva dalla scelta più importante di tutte: essere felice.
Mentre con un orecchio mi dedicavo alle peripezie di Nelson, il protagonista del film, con l’altro ascoltavo le mie nipotine parlare di Iron Man. Per loro, lui non è semplicemente un eroe, è l’eroe. E perché? Perché è un umano che cerca di superare il proprio limite ogni giorno, creandosi sempre armature nuove, di una nuova misura.

‘Zia, si costruisce sempre tutto da solo.’
(cit.)

La parola non è casuale, la misura di Iron Man non è molto differente dalla scelta di Nelson o da La misura eroica della Marcolongo. Dunque, per meglio capire la quadratura perfetta della mia serata in famiglia, andiamo a vedere cos’è, questa misura eroica di cui ci parla questa scrittrice.

Quella che lei definisce misura eroica trova nelle prime pagine del libro la sua definizione: ‘eroe è chi decide la sua vita, la sua misura sarà sempre grande perché sarà quella della sua felicità’.
La misura eroica parla di una felicità pura, quella che nasce dallo spoglio di noi stessi e che possiamo scoprire soltanto quando decidiamo di prendere in mano il timone della nostra esistenza e navigare, accettando che ogni porto non è un arrivo ma una svolta.

Non a caso, esempio calzante e filo conduttore del libro è il viaggio di Giasone alla conquista del vello d’oro. L’avventura del figlio di Esone è quella narrata da Apollonio Rodio, il greco è la lingua magica e antica che accompagna la narrazione ma soprattutto, del messaggio che l’autrice vuole trasmettere ai lettori: tornate all’origine. Non a caso, Le Argonautiche parla di un eroe alle prime armi, la prima nave al mondo, il primo amore, le prime scelte, e lo fa con precise parole.

La parola è uno strumento potente.
Nell’intervista a Eleonora Marsella, si è detto che parlare di libri è utile perché c’è bisogno di parole e non di chiacchiere. Ecco, Andrea Marcolongo riprende questo argomento e gli dona una nuova misura: eroicamente ci mostra come, oggi, parole nate in seno a un’epica portatrice di determinati valori, siano investite di significati che le appesantiscono e portatrici di concetti che non le rispecchiano più.

C’è bisogno di tornare all’origine delle parole, e quindi all’origine di noi stessi.
C’è bisogno di farsi naviganti, come Giasone, e capire che felicità è tutto ciò che scegliamo come nutrimento, essendo noi il terreno fertile entro cui  quel tutto trova vita finché ci muoviamo. Trovano vita le gioie e le lacrime, trova vita l’amore che germoglia e sboccia.

La misura eroica riporta dunque alla radice vera delle parole. Ricorda di usarle con coscienza e con saggezza, e invita il lettore a non temere: non temere la parola meta, non temere il cambiamento, non temere di conoscersi e attraverso la conoscenza, a discernere e quindi scegliere.

Non c’è nulla da temere in ciò di cui si ha bisogno ma anzi, bisogna assecondarlo come il movimento di una nave tra le onde.
Ciò che mi sento di dire a proposito de La misura eroica, quindi, è che si tratta di un libro che fortifica. Che riporta alla coscienza con la dolcezza di una penna che non giudica ma comprende, al di fuori delle definizioni di ‘giusto’ e ‘sbagliato’. Esiste soltanto quel che rende felici, saperlo rende anche forti.

Forti come Iron Man, che cerca sempre di superare se stesso; come Nelson, che non sfugge alla sofferenza pur di capire cosa sia davvero importante. Forti come le mie nipoti, che sono ancora bambine e spontanee, abbastanza da poter intravedere nelle parole il significato che hanno e non quello che noi, troppo veloci o troppo distratti, diamo loro.

Dunque, al momento della cena e con La misura eroica come ospite d’onore sul tavolo, ho servito degli spinaci. Il cibo di Braccio di Ferro, il cibo che fa diventare forti. Lo spinacio ha un gusto amarognolo di suo, un po’ come le verità scomode che la Marcolongo smuove all’interno del libro. Si tratta di una verdura amara, lo stesso tipo di amarezza che ho riscontrato io, talvolta, pensando quant’è vero: è amaro pensare che stiamo perdendo il senso delle parole e dei rapporti, è amaro pensare che quando siamo davanti al mare aperto, invece di vedere infinite possibilità ci sentiamo smarriti.

Tuttavia, nel piatto c’è anche la nota dolce della voce narrante, è il burro che modifica incredibilmente la consistenza della verdura, rendendola meno ostica sotto i denti. E c’è il parmigiano che copre l’amarezza, è quel tocco magico che rende più buona la pietanza. Sembra dirti: va bene sentirsi smarriti, ma non lasciare che la paura ti freni; manda giù un altro boccone, trova il buono in un gusto nuovo.

E dirò di più: questi sono spinaci speciali, per bambine di sei anni. Servite in padelline altrettanto speciali. Perché fa bene sentirsi straordinari, fa bene sentirsi protagonisti della propria vita proprio come gli eroi, che diventano tali per il coraggio con cui vivono.

 

tanto ferro
è il motivo per cui a ogni bambino, prima o poi, viene sottoposto un piatto di spinaci.
Cucinato alla sorella maniera, ammetto che non è il modo più salutare per mangiare una così ricca verdura, ma è l’unico modo in cui, spesso, l’apprezzano i bambini. E volete sapere perché?
Perché loro riconoscono più di noi adulti l’amore e l’impegno necessari a compiere un’impresa eroica: trovare una cucina che sia, come loro, altrettanto speciale.

Capirete perché sarò al Palazzo Reale di Napoli, il 25 settembre, 17.30, ad ascoltare dal vivo quella che, ora come ora, è una perfetta quadratura eroica.

La misura eroica, di Andrea Marcolongo (Mondadori)
Recensione #readEat – libri da mangiare

Editor freelance, lettrice compulsiva, mangiona impenitente. Tra un refuso e una briciola recensisco libri e lavoro con gli autori accanto alle loro storie.

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