Le ferite originali (click) è stato l’ultimo libro ospite degli incontri di Mordi la Lettura, a Napoli. L’articolo di oggi è un po’ diverso, quindi, perché non è soltanto frutto del mio pensiero e del sapore che mi ha lasciato sulla lingua, ma anche del discorso, del confronto e del dialogo con l’autrice, Eleonora Caruso. Quindi, prima di tutto è opportuno ringraziare tanto lei quanto Mondadori, che mi ha inviato le copie necessarie.
In questa storia, tutto grida ‘disagio’.
Disagio per il protagonista, Christian, disagio per suo fratello Julian e per Dafne, la fidanzata storica. Disagio per gli amanti Davide e Dante, un disagio che si radica dentro e non lascia più, che in un certo senso stimola una sorta di dipendenza per la propria condizione.
Sembra quasi di sentirvi: ‘okay, è il classico triangolo, una storia già sentita’.
E… no.
Un po’ perché più che un triangolo, a voler essere precisi si dovrebbe parlare di quadrilatero, e un po’ perché credo che Le ferite originali sovverta le regole della cucina: troppo, c’è troppo di tutto. Un caos studiato, voluto e veicolato che rende l’eccesso un sapore nuovo, da gradire a seconda del palato più o meno audace.
Intrigati?
Lavate le mani, che è pronto!
Le ferite originali parla di Christian, un ex modello ventisettenne affetto da disturbo dello spettro bipolare. Christian vive la sua relazione con Dafne in contemporanea ad altre due storie: quella con il giovane Davide, timido ma brillante, e quella con Dante Beltrami, uomo fatto e finito, dal polso rigido e comprovata lungimiranza.
Anche qui, si potrebbe indicare il cliché.
No, non è la semplice storia di un seduttore e Le ferite originali non parla di come Christian sia capace di rovinarsi con le sue mani, o di come il suo carattere difficile, mescolato a un disturbo non correttamente trattato, possa avere influenza sulle persone attorno a lui.
Quanto posso dire, è che Le ferite originali parla di conoscenza. Una conoscenza intima delle persone. Come una sorta di filo rosso che la collega alla mela di Adamo ed Eva, l’abilità di seduttore di Christian risiede proprio nel sapersi rendere frutto: desiderabile e desiderato, con quel potere innato che lui ha di mettere a nudo le persone. Un peccato originale in piena regola.
E cosa succede quando le persone attorno Christian scoprono di essere nude?
Probabilmente imparano ad amare loro stesse, in primo luogo. Vedete, nel libro c’è una sorta di ‘colpevolezza’ che aleggia da personaggio a personaggio.
Dafne è in espiazione perenne, continua a porsi come obiettivo la perfezione ben conscia che nella vita, non è qualcosa di raggiungibile. Stare con Christian è un po’ un atto di fede, un martirio volontario. Un dito nella piaga della sua ferita originale.
Davide vive nell’insicurezza: troppo silenzioso, troppo impaurito da se stesso e da quel che desidera, troppo poco intraprendente per prendere ciò che vuole. Stare con Christian, così bello, e divertente, e intelligente, è come se gli legittimasse questa specie di ignavia nei propri confronti. La sua ferita originale è coccolata, sempre tenuta nell’acqua calda. Non fa male ma non si chiude mai.
Dante, apparentemente, è l’unico che in Christian non vede un proprio bisogno da colmare. Lui non ha paura di prendere le redini della situazione, di dominare. E forse è proprio in questa tendenza di dominio che risiede la sua ferita originale.
Eppure, proprio a partire dalle loro ferite originali, ognuno di questi personaggi è capace di costruirsi di nuovo. Come evolveranno, è qualcosa che dovete scoprire leggendo il libro.
E Christian?
Di lui si potranno pensare tante cose: che sia una vittima della propria malattia e del proprio passato, che abbia un intenso modo di vivere le emozioni, che abbia effettivamente bisogno dei suoi tre amanti o che stia solo giocando. Io penso semplicemente che sia qualcuno in perenne contatto con la propria ferita originale, qualcosa che pulsa e che deve imparare a coltivare perché nascano dei fiori belli come quelli in copertina.
Come si mangia Le ferite originali?
Con foga, con fame. C’è l’ingordigia di quando divori un piatto di pasta e anche un po’ il senso di nausea che viene quando il piatto è finito troppo in fretta. Ed è proprio la pasta ad accompagnare questo libro nella cucina letteraria di #readEat.
Ho pensato a lungo, a questo. Alla dipendenza da carboidrati.
Non sono parole mie, è scientificamente provato che se si smette di mangiare carboidrati, il corpo lo avverte come una vera e propria crisi d’astinenza, almeno nei primi tre giorni.
E Christian è un po’ come un piatto di pasta: fa male, si mette sui fianchi, a volte non ti fa sentire bene con te stessa, ma… ne mangi ancora.
In queste sere, mentre le donnine come me iniziano saggiamente a rosicchiare carote e insalata, io decido di darmi al carboidrato deciso, qualcosa che sia dolce come Dafne, morbido come Davide e forte come Beltrami, attorno ovviamente a un Christian sotto forma di conchiglia rigata: pasta con zucchine e pancetta, insaporita con una generosa spruzzata di pepe.
Andrò in overdose? Farò il bis?
Ne avrò abbastanza?
E voi? Mi farete compagnia?
Se avete bisogno di un antipasto, vi ricordo che Eleonora ha già discusso con me de Le ferite originali, prestandosi come ospite in Spizzichi e bocconi!
informazioni stranamente utili
gentile utenza, come avrete notato sto postando di meno ma non di certo perché scrivo da una terrazza con il mare di fronte.
Mi preme dirvi che la latitanza è dovuta a causa di morte naturale del programma di foto-ritocco. Come sapete, #readEat nasce come progetto fotografico, dunque pubblicare un articolo senza foto sarebbe un po’ come immergere il cucchiaio in un profumatissimo piatto ricolmo di niente.
Per tanto, ringrazio la mia amica Valeria Tonelli per l’aiuto, a lei il computer funziona ancora molto bene.