esco un attimo - linda traversi. LuoghInteriori

esco un attimo, ma non so come torno

Esco un attimo sono state le parole ironiche che ho detto alla mia gatta prima di partire per dieci giorni di tour frenetico firmato #readEat in giro per l’Italia.
Esco un attimo è anche il nome del romanzo (click) di Linda Traversi, autrice Luoghinteriori,  ed è il libro di cui parliamo oggi.

Chiamiamolo caso, coincidenza, sincronicità. Il bello di leggere tanto è che a volte trovi esattamente quello di cui hai bisogno nel momento specifico in cui infili in borsa un determinato libro. E questo libro non ha bisogno di essere bello o brutto, da comprare o evitare assolutamente. Deve soltanto essere giusto in quel momento specifico, per incastrarsi tra cuore e memoria.

In Esco un attimo si respira aria di cambiamento.
Il cambiamento non sempre è portato da venti buoni, e in questo caso è una brutta notizia quella che riporta Giada di nuovo in Italia, strappandola alla sua ordinata vita giapponese. Sua nonna sta morendo, e se la morte è qualcosa che fisiologicamente si accetta, non può fare a meno di scavare in chi rimane delle buche profonde. C’è da sperare di essere pieni dentro, e che come nella terra, al fondo della buca vi sia l’acqua. Ma non è questo il caso, al fondo nella buca di Giada c’è apparentemente il vuoto.

Così, la giovane donna intraprende un percorso profondo. Scava dentro di sé alla ricerca della propria fonte d’acqua emotiva, alla ricerca di quello che la nonna chiama ‘il nocciolo’.
Non è un’operazione semplice, scavare. Le unghie si sfaldano, le mani si riempiono di calli e vesciche, è un male fisico che può essere compensato soltanto dalla soddisfazione di ritrovare, alla fine, se stessi.

Credo che la vera magia accada nell’atto stesso di scavare, più che nel suo attimo finale. Ritrovarsi è soltanto l’ultimo passo al termine di un percorso, ma è la strada che cambia chi cammina o nel caso di Giada, corre.
Tornando alla nostra buca, soltanto continuando a spostare zolle possiamo capire che alcuni strumenti non sono utili per quella particolare porzione di terra, o affatto. O che altri sono adatti a un altro tipo di terreno, non il nostro, ma non per questo bisogna buttarli via.

Esco un attimo è una storia di perdita e ritrovo, di percorso, formazione e accettazione, un testo che scava profondamente, dritto al nocciolo, e che fa porre al lettore delle domande.

Chi pensa al classico viaggio dell’eroe si sbaglia.
Non c’è eroismo nell’accettarsi e scoprirsi, ma può esserci una rinnovata curiosità verso se stessi e la voglia di scoprire cosa viene dopo senza paura di porre domande.

Io non corro come Giada, non sia mai. Al limite prendo un treno… tanti treni.
In questi giorni di vagabondaggio le domande di Esco un attimo sono diventate un po’ anche le mie. Sono felice? Cosa voglio davvero? Sto facendo i passi giusti?

Quando un libro smuove tutto questo, ecco che ha fatto alla napoletana entrando sottilmente e sistemandosi da re in quel posto privilegiato che è, appunto, lo spazio tra cuore e memoria. Perché sicuro che io, Esco un attimo, non lo dimentico. Fosse solo per il tempismo con cui l’ho messo in borsa.

Adesso, lo so, state pensando: ‘oggi questa si è messa a scrivere e ha dimenticato di cucinare’.
Bugia!

In realtà ci ho messo il mio tempo, per elaborare una ricetta che potesse rappresentare Esco un attimo. E non per il libro, quanto per quello che ha trasmesso a me, difficile da decodificare.

Mi sono aggrappata a due elementi fondamentali: la semplicità e la strada.
La prima è chiara, fresca come la figura di Giada e il paese in cui è vissuta. Non soltanto, c’è qualcosa di semplice anche nelle decisioni che la protagonista non riesce a prendere da sola. Giada è incapace di prendere una decisione semplice. È capace di viaggiare intorno al mondo e ricostruirsi ogni volta, ma ha bisogno di qualcuno di semplice che le mostri come accettare se stessa e gli altri.

Per evocare questa semplicità ho ricercato il sapore della campagna, del latte di pecora lavorato con lo zucchero e la vaniglia fino a farne una crema morbida e bianca, pura.
Ma avrei potuto mettere soltanto quella nel piatto?

La semplicità è anche quello che si annida nel cuore di Giada, il suo nocciolo. La ricotta doveva essere avvolta, in qualche modo, perché per arrivare al centro della terra si scava, per raggiungere il nocciolo si morde il frutto, e quindi un involucro di pasta brisée è un ostacolo che i nostri denti devono superare per arrivare a quel cuore di crema di ricotta. Un prezzo piccolo.

La copertina mi ha ispirata per la composizione, perché questi pasticcini sono stati disposti in maniera irregolare, è vero, ma com’è il percorso di ognuno di noi verso la porta della nostra casa interiore. Quindi, la mia successione di biscottini ripieni porta lì: alla porta di casa, o alla porta del cuore.

 

open  house
a volte servono un paio d’ore in auto con una perfetta sconosciuta per riflettere: forse, i trenta non sono il tempo giusto per fare bilanci. Anzi, forse sono proprio il punto d’inizio. C’è quello zero, lì, che è una porta aperta verso una nuova decina. Cose nuove, persone nuove, vite nuove.

Questo l’ho realizzato passando del tempo con un’autrice che ha saputo farmi porre le domande giuste, a lei e a me stessa. E domanda dopo domanda ho capito che certe energie possono sprigionarsi anche da subito con l’intensità di una bomba atomica. E possono darti coraggio quando devi parlare di fronte a un pubblico. Di te, del tuo lavoro e di #readEat, che è la summa di te e del tuo lavoro.

Certo è che non è stato difficile  sentirmi a mio agio a Città di Castello, ospite di LuoghInteriori. Si è respirata un’atmosfera unica, ed è stato bello vedere tanti autori così diversi sostenersi a vicenda, felici di essere insieme sotto l’ala di una casa editrice che è soprattutto sostegno e famiglia.

Mi sono sentita come una di casa, e questo tanto per merito dello staff di LuoghInteriori quanto per gli autori, che hanno reso speciale e concreta una giornata dove il talento ha dettato legge.

Sulla pagina fb c’è anche un video, a dirlo poco poco muoio dentro perché mi vergogno. Se lo vedete avvisatemi, che esco un attimo (battutaccia!).
Ma in questo video c’è un cane molto carino e c’è anche questo signore qui!

 

non so come torno
è una storia vera, parla di una editor-blogger che ha sfidato i mezzi di trasporto italiani per raggiungere una piccola cittadina umbra, arrivando lì senza la minima idea di come tornare indietro, fisicamente e spiritualmente.

 

Esco un attimo, Linda Traversi, LuoghInteriori
recensione #readEat

 

 

Editor freelance, lettrice compulsiva, mangiona impenitente. Tra un refuso e una briciola recensisco libri e lavoro con gli autori accanto alle loro storie.

Rispondi