A misura d'uomo, Roberto Camurri, NN Editore

A misura d’uomo è une assiette de crudités

A misura d’uomo è une assiette de crudités, l’ho detto e lo ripeto.
Lo dice Gordon Ramsay schiacciando il salmone con la mano, Cracco mentre spacca il piatto per terra: è crudo! Ecco, loro ci mettono quei tre quarti di rabbia che io non ho, perché leggendo A misura d’uomo (click) ricordo il rumore del pinzimonio sotto i denti, la croccantezza delle verdure al naturale e penso: sì, è proprio così.

Davide, Valerio, Anela, sono i tre personaggi attraverso cui, in un tira e molla temporale, ruotano le vicende degli abitanti di Fabbrico. Davide e Anela si sposano giovanissimi. Lui passa poi dal caffè con il goccio di sambuca al mattino alla bottiglia, se proprio è una brutta giornata. Diventa patologico, a volte è più pulito e altre meno, e muore. Valerio è il migliore amico di Davide, della coppia, si scopre ad amare Anela e a voler costruire una vita con lei.

E poi ci sono Mario ed Elena, lui malato e un po’ incapace di distinguere i momenti di ieri da quelli di oggi, lei compagna paziente; Bice, il suo bar aperto anche con la neve e suo marito Giuseppe, che affronta i momenti finali della vecchiaia; il fratello di Anela e lei, la sposa, sua moglie; Maddalena, suo figlio in grembo e Paolo, il violento.

Sono flash, sono storie, sono personaggi di cui leggerai una volta, e probabilmente poi mai più. Quando si dice che i perni delle vicende altrui sono loro, il trittico iniziale Davide-Anela-Valerio, io mi permetto di storcere il naso e dire: non è vero. I veri perni sono due: Fabbrico, il paese a misura d’uomo che tiene tutti a sé come un cordone ombelicale, e l’inadeguatezza.

Mi ci è voluto un po’ per capirlo, ho dovuto scavare oltre la soddisfazione della lettura, dello stile definito e quanto mai personale di Camurri che mi ha lasciato indubbiamente contenta, felice di leggere qualcosa al di fuori della mia zona di comfort, la mia Fabbrico personale. Fabbrico è il recinto da cui nessuno vuole uscire, che tiene tutti a convivere insieme a un senso di inadeguatezza profondo.

A Fabbrico nessuno è capace di sentirsi guerriero. Più facile è sentirsi sbagliato, e questo un po’ accomuna tutti i personaggi, costantemente o per una fetta importante della loro vita. Davide, il fratello di Anela e il loro alcolismo; Mario che davvero non sa perché Elena stia con lui, nonostante tutto; Giuseppe che è vecchio, si sente un peso; Valerio stesso, che è quello tornato all’ovile, che se ne era andato, a volte mette in discussione il suo meritare amore.

Perché di questo si tratta: vivere in un ambiente chiuso a volte impedisce alle sfumature del carattere e della vita di farci capire che non sono i nostri errori a definirci, ma come ne affrontiamo le conseguenze.
L’errore in sé, per quanto grande, non rende le persone immeritevoli d’amore. Non esistono persone immeritevoli d’amore, sebbene a Fabbrico siano in molti, a pensarlo.

Questo senso di inadeguatezza si mastica crudo, fa rumore sotto i denti come un pinzimonio gustato in silenzio. Mi ricorda, per un verso, ‘The body’, una puntata della quinta stagione di Buffy (sì, lei), andata in onda senza alcuna colonna sonora, continuo stato di sospensione in cui persino il suono della carta strappata ha la sua importanza.

E così A misura d’uomo, come Buffy e come Fabbrico, crea attorno al lettore una bolla dove parole e gesti hanno la loro voce. I sentimenti si presentano crudi e genuini, rumorosi nel loro viaggio sotto i denti.

 

un libro da 1500 calorie
Qui, nella cucina letteraria di #readEat, far saltare la fila a A misura d’uomo è stata un’esigenza di tempo e d’istinto. Avevo bisogno di un libro che sostenesse gli impegni di una settimana frenetica, avrei avuto il tempo di due viaggi in treno per dedicarmi interamente alla lettura.

Il caso ha voluto che questa settimana iniziassi la dieta (argh!). Il mio errore è stato quello di metter su qualche chiletto e sentirmi per questo meno bella agli occhi dei miei cari. Leggendo A misura d’uomo mi sono resa conto che è una lettura sana come una piatto di verdure. Conserva la genuinità di un paese ancorato alla terra e quella sensazione di ruvido sulla lingua che lascia una zucchina grattugiata e mangiata cruda.

Riflettere su A misura d’uomo mi ha fatto capire che il mio errore non è stato ingrassare, ma sentirmi mancante di qualcosa agli occhi degli altri. In effetti, sono stata un po’ disamorata soltanto verso me stessa.
Mettere a tavola questo libro e poter riflettere su come raccontarlo in un piatto adesso, mi fa sentire più vicina agli abitanti di Fabbrico e ai loro errori, ed è un po’ anche il senso di questo blog.

I loro errori, le loro insicurezze, si sono trasformate in quel piatto che accompagna il rimedio a un mio errore, uno stile di vita un po’ più sano per amarmi di più.

Dunque, è doveroso ringraziare Roberto Camurri, autore di A misura d’uomo, e NN Editore per avermi fatto riflettere così attentamente, dallo stomaco al cuore.

Editor freelance, lettrice compulsiva, mangiona impenitente. Tra un refuso e una briciola recensisco libri e lavoro con gli autori accanto alle loro storie.

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