La custode (click) di Yasodhara Leandri è quel libro che devi leggere quando hai voglia di sentirti un po’ speciale. Quando la vita sembra un monotona e desideri qualcosa di diverso che possa scuoterla.
Questo per due motivi: immaginare che alla base delle nostre azioni ci sia qualcosa di magico, e poi tornare ad amare quel che hai.
Alex Ridd è un’adolescente come tante. Una notte la regolarità della sua vita viene scombussolata dalla comparsa di uno strano simbolo sulla nuca, che le permette di entrare in contatto con entità nuove, un mondo dietro il mondo.
La giovane è infatti una Custode, il suo simbolo reagisce differentemente se a contatto con le forze del bene o del male. Se pensate che questo sia indice di una bussola morale, però, sbagliate. Proprio questa è la particolarità di Alex: attraverso il suo percorso nella società dei Custodi, la ragazza riesce infatti a individuare le ipocrisie del bene e le fragilità del male. Da New York a Parigi, e poi in lungo e in largo per l’America, la giovane Custode imparerà a far valere la propria concezione di giustizia, provando sulla propria pelle che non è possibile vivere di sola luce, o di totale ombra.
Penso siano necessarie, letture di questo tipo. Aiutano a riflettere su chi siamo e cosa ci spinge alle nostre azioni. Il simbolo che ogni Custode ha dietro la nuca è come se li marchiasse, buoni dalla nascita. Protettori fin dai primi passi. Ma non è così, ognuno di loro ha dentro i propri conflitti, nulla li differenzia nello spirito da qualsiasi essere umano. Proprio in questo vi è la grande contraddizione di fondo alla base del loro mondo. Alex lo sa, lei è vissuta tra i Terreni per tutta la sua vita, qualcosa sotto la pelle le permette di sentire questa contraddizione e sviluppare così un proprio pensiero critico a riguardo.
La prima opera della Leandri si muove su un binario piuttosto classico, e usa un linguaggio semplice per andare al cuore di quelli che sono temi profondi. Dietro lo spauracchio dell’Urban Fantasy adolescenziale c’è la convivenza di bene e male all’interno dell’uomo. C’è anche la difficoltà del vivere secondo principi imposti, e quale prezzo comporta, a volte, essere speciali.
Nella cucina di #readEat la semplicità disarmante della narrazione è resa attraverso un piatto classico che, tuttavia, richiede grande attenzione e delicatezza durante la preparazione: l’omelette. L’omelette si assembla praticamente in padella. Bisogna mischiare ogni briciolo di tecnica e improvvisazione per farcirla e girarla senza romperla o peggio, farla diventare una vera e propria frittata. Quando questo riesce, si ha una specie di salsicciotto ripieno, che ho farcito di elementi adatti al racconto: il sapore deciso del cheddar mischiato a quello delle erbe e del finocchietto. Quest’ultimo tocco è per omaggiare la giovane età dell’autrice e la freschezza del romanzo.
Ad ogni modo, ho sentito La Ruota Edizioni.
Dicono che mi pagheranno un corso di cucina, ma soprattutto che La Custode è il primo volume di una saga, e che il seguito esce a marzo.
Quindi… lettore, affrettati!
nient’altro che la verità
La mia omelette sembra decisamente più una frittata, si nota dalla crosticina che rende evidente la difficoltà di seguire perfettamente i miei buoni propositi. Ma è anche un indizio: nel romanzo, quante omelette sono in realtà frittate?
Se vi è piaciuto l’articolo, sappiate che de La Ruota Edizioni ho avuto in cucina anche il libro di Rebecca Fox, The Phoenix – Fuoco.