cena per due

Questa settimana ho messo a tavola due autrici particolari e totalmente diverse.
Tenendo fede al temutissimo primo post, dove ho promesso di assaggiare tutto ciò che passa per la mia cucina letteraria, non mi sono fatta spaventare dalle differenze di questi libri, anzi, ho cercato di sfruttarle per cucinare qualcosa che potesse essere di gusto per entrambe le mie ospiti.
Mentre la cena prendeva forma a fuoco lento, reminiscenze universitarie mi ricordavano che ‘diverso’ è la parola da attribuire a quel che è ‘altro da sé’, e che permette all’individuo di definire i propri confini, identificandosi. Tuttavia, leggere questi due romanzi uno dopo l’altro ha solleticato qualcosa, ed eccomi qui a rielaborare il concetto. Ma andiamo con ordine, rigorosamente di arrivo:

Arianna Venturino ha scritto un libro dalle apparenti piccole pretese, pubblicato da Grafiche Stile Edizioni.
Senza più paura si presenta nella forma ingannevole della classica storiella: una ragazza è talmente alla deriva da lasciarsi scorrere la vita addosso; fragile e insicura, si barcamena tra una lettura e il piumone finché non accade il magico qualcosa. E invece no, nessun qualcosa scenico per Ally, che arriva al punto estremo in cui decidere se reagire a quel male di vivere o lasciarsi trascinare. Schiacciata dalla solitudine, quando rimane unicamente con la sua immagine allo specchio prova a farsi protagonista della propria vita, perché quel riflesso sereno che la incoraggia a vivere e superarsi diventa al contempo il punto di partenza e d’arrivo.
Ecco, cara Arianna, partire da se stessi non è mai facile e tu questo lo rendi così bene che l’empatia con la protagonista scatta subito; hai una penna così leggera che il peso paralizzante dell’insicurezza è efficace anche senza pontificare. Ti fai comprendere, e comprendendo te mi sono ritrovata a fare il tifo per Allison fino alla fine.

Dall’altro lato del tavolo ho Chiara Pesenti e il suo personaggio che sembra avere abbastanza ego per entrambi i libri! Si tratta dell’avvenente Cheddonna ne Le Farfalle sotto l’Arco di Tito, edito da Editore XY.
Chedonna è presidentessa di comitati, membro di associazioni, mamma, moglie, esperta di moda, nipote, frequentatrice di mostre e musei e dipendente dalle scarpe tacco dodici. Cheddonna ha un sogno, pubblicare il suo libro di ricette di sussistenza, bibbia per chiunque voglia apprendere l’arte del surgelato gourmet, e non si fermerà finché una casa editrice non le dirà di sì. Con questa costante, ho seguito partecipe gli avvenimenti della sua vita; proprio come Cheddonna,  le avventure riportate sono buffe, ironiche e sfacciatamente quotidiane, ma danno spazio anche a qualche momento di fragilità che ho adorato e che umanizza un personaggio così potenzialmente perfetto. Chiara, sono le piccole insicurezze di Cheddonna a renderla tanto reale ai miei occhi. Sopra le righe? Sì, ma un modello per chiunque abbia l’obiettivo ben chiaro nella propria testa.

Ora capite perché ho dovuto rielaborare il concetto di diversità?
‘Altro da sé’ non ha soltanto la valenza fisica di ‘ciò che non sono io’, ma anche quella interiore di ‘ciò che voglio essere’. Soltanto per questa consapevolezza acquisita, il mio grazie a queste due donne straordinarie mi obbligherebbe a offrir loro più di una cena! Entrambi questi personaggi femminili affrontano quelle che sono le proprie fragilità in due modi che si incontrano: Allison lotta per la propria identità per identificarsi con la se stessa dentro lo specchio; Cheddonna non accetta che qualcuno le dica che non sa cucinare, che è ingrassata o invecchiata, e si impegna ogni giorno per identificarsi in quel che desidera essere. D’altro canto, non è facile essere Cheddonna!
Fluidamente queste due protagoniste diventano costantemente ‘altro’ a ogni pagina e per onorare questa fluidità, la cucina di #readEat propone una vellutata di porri, patate e zucchine insaporita con pane grattugiato aromatizzato da polvere di sedano e paprika dolce, il tutto accompagnato da una cialda di parmigiano pizzicato dal pepe.
Cucinare bene per se stessi è uno dei tanti atti d’amore che ci dobbiamo. Non lasciatevi ingannare dalle foglie di porro, sfilettate e intrecciate per dare l’idea di ‘impiattamento Masterchef’, vi dico che a dispetto della presentazione la ricetta è semplicissima ma un po’ lunga, scelta appositamente per prolungare la coccola. Questo pensiero lo dedico ad Ally. A Cheddonna, invece, confesso che per insaporire il tutto ho ceduto al dado pronto, di sussistenza, e che ho usato apposta il minipimer sperando in una menzione nel suo prossimo libro, con la ricetta green jar for mamas.

Buon appetito!

ps.
Per voi, autori timidi e lettori affamati: se siete come me e per un pentolino da due persone immolate mezzo dado nonostante la cialda notoriamente salata sia già un vago invito a metterne un quarto, consiglio di munirvi di bottiglia d’acqua per la notte. Se invece siete persone normali, godetevi pure la vellutata!

Editor freelance, lettrice compulsiva, mangiona impenitente. Tra un refuso e una briciola recensisco libri e lavoro con gli autori accanto alle loro storie.

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