andammo lenti, occhi e braccia verso il ritorno.

Cara Vincenza, un po’ ti odio.
Con la tua poesia mi lanci una sfida perché smuove tante, tantissime corde tra cui per prima la paura: ho paura che la mia sensibilità taurina non possa cogliere appieno tutti gli spunti di cui sono ricchi i tuoi versi, che si perda qualcosa, che salti un messaggio; la seconda è quella di non saper trasmettere l’emozione che mi ha dato leggere Il nome che torna. Ma questo non è un tuo problema, tu sei bravissima a descrivere cosa si prova a scendere ogni volta un po’ più verso il basso, nel profondo, soltanto per scoprire poi quant’è bella la luce.
Ho letto le poesie ad alta voce per poter apprezzare il silenzio dopo l’ultimo verso, quello che in un film è degno della battuta decisiva. È il silenzio di quando realizzi che hai perso qualcosa, dei momenti che scorrono sotto le dita tanto da farti dire che presto era già tardi, quel silenzio che viene riempito dalla musica, dalla neve che cade, dalla preghiera.
Il tuo libro è una storia di andata e ritorno in verticale, un viaggio che parte dalle viscere della terra laddove la quiete è assordante, e che si spinge fino al cielo passando per immagini nette, sapori di bambina e ricordi d’infanzia, attraversa l’uomo e la vita toccando il punto massimo negli occhi della luna; poi torna giù, di nuovo al suolo. Sotto il suolo.
Non so se il mio intento è riuscito, se ho colto quanto volevi trasmettere o se sono in realtà profonda come uno stagno. Quello che so però è che in questo blog si legge e si cucina, e per questa silloge ho fatto mia la terra allo scopo di accompagnare il tuo libro a ciò che mangiamo direttamente da lì. Il menù previsto da #readEat per Vincenza Fava e il suo Il nome che torna, consiste in poche cose semplici ma dal gusto deciso, un tris puramente terreno che porta a tavola cime di rapa scottate in padella a modo classico, con olio e peperoncino, e funghi champignon marinati in olio, limone e pepe, cotti a fuoco lento con un goccio di vino bianco. Per riprendere il tema dell’andata e ritorno, tra i due piatti caldi c’è del songino fresco condito con limone, crema di barbabietola e anacardi.
A chi si cimenterà nella lettura della silloge (spero in tanti) ricordo di ringraziare Augh! Edizioni per questo gioiello. A tutti gli altri, il sale.

Buon appetito!

 

(E voi, autori timidi, sappiate che la cucina letteraria di #readEat è sempre aperta.)

 

 

Editor freelance, lettrice compulsiva, mangiona impenitente. Tra un refuso e una briciola recensisco libri e lavoro con gli autori accanto alle loro storie.

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